Chi sono, secondo Facebook. - matteoz

mercoledì 28 marzo 2018

Chi sono, secondo Facebook.


Ciao, io sono Matteo e secondo Facebook sono un appassionato di giochi di ruolo, Rick and Morty e Ballando Con Le Stelle. Esco così dall'imbarazzo delle presentazioni - eh sì, è il primo post di matteoz, benvenuti nella mia cucina - e dalla ricerca di un primo argomento caldo con cui rompere il ghiaccio: forse negli ultimi giorni avete sentito parlare anche voi del social network Facebook. Cos'è successo con Cambridge Analytica lo sappiamo più o meno tutti, quello che forse non sapete (e che non sapevo neanche io prima di cadere nel clickbait di Esquire) (bella Esqui!) è che c'è un modo facile facile per entrare in contatto con l'algoritmo di Facebook in prima persona: la pagina "Preferenze relative alle inserzioni". Un'innocua pagina raggiungibile tramite un dedalo di link e sottolink, dove si concentrano tante delle informazioni raccolte grazie ai nostri click e che a loro volta vengono utilizzate per decidere quali inserzioni vedremo nella home di Facebook: inserception. I nostri interessi sono efficacemente divisi in quattordici categorie, non tutte facilmente decodificabili (nella mia "Familiari e relazioni" troneggiano famiglia, infanti e velluto), ma abbastanza esemplificative di dove Facebook può arrivare. Grossomodo dappertutto.

Un listone di cose che - secondo Facebook - mi farebbero aprire il portafoglio.

Al tempo stesso però l'algoritmo di Facebook ha dedotto tante cose su di me sbagliate: in realtà non amo i giochi di ruolo, non impazzisco per i film di fantascienza, mi piacciono i videogiochi ma non ho una Xbox. La palestra non è decisamente un mio interesse, Deadpool mi è molto simpatico ma dov'è Chris Pratt?!, apprezzo l'esclusione dell'Esselunga ma non tradirei mai la Coop con la Conad. Siamo insomma lontani dagli scenari apocalittici in cui Zuckerberg conquista il mondo con un esercito di Robozao plasmati a nostra immagine e somiglianza. La maggior parte delle inserzioni nascono da associazioni basilari tra like e pagine e quando Facebook prova a lanciarsi in qualche deduzione autonoma ("Ascolta Radio 2, senz'altro vorrà comprare un caterpillar") ne esce con le ossa rotta. Per il resto, con un briciolo di delusione, il ragionamento che Facebook applica sembra essere inquietantemente simile al seguente: ha messo like alla pagina di Coez, ha condiviso video di Coez, ascolta Coez su Spotify, forse forse gli piace Coez. Ma forse, eh. Non che questo basti a smontare il caso Cambridge Analytica: se un politico mi avesse promesso di eliminare il canone Rai per sostituirlo con il canone QVC ("Hai questa preferenza perché hai messo Mi Piace a una Pagina relativa a QVC", stavolta ha indovinato) probabilmente mi sarei dato all'attivismo politico pur di consegnare a Nina Leonard il meritato posto in Parlamento. Dovremmo solo fare attenzione a non generalizzare prendendo di mira il bersaglio più grande e quindi più semplice da colpire: la prima difesa forse un po' arrogante di Facebook - “Le persone hanno volontariamente fornito i loro dati, nessun sistema è stato infiltrato e nessuna password o informazione sensibile è stata rubata o manomessa” - sintetizza in realtà molto bene un aspetto finito in secondo piano. Siamo noi ad aver deciso di consegnare i nostri dati in cambio di un servizio - utile, forse divertente, senz'altro gratuito. Può essere discutibile la policy usata ai tempi da Facebook, ma lo sapevamo bene nel 2011 quando volevo far vedere ai miei amici che impazzivo per "Il mio amico Totoro" (mi piace ancora oggi ma non lo metterei più tra i miei film preferiti) e avremmo dovuto tenerlo a mente anche negli anni successivi. La possibilità di scaricare in una comoda cartella tutti i dati consegnati negli anni a Facebook (sì, si può fare anche quello: ▾ → Impostazioni → "Scarica una copia dei tuoi dati di Facebook." → tanta pazienza) ci mette davanti a una realtà in .zip che tutti abbiamo deciso di sottovalutare: numeri di telefoni, messaggi che avremmo voluto dimenticare, perfino la lista di tutti e due i poke ricevuti negli ultimi dieci anni. Loro se ne sono sempre stati lì, siamo noi a fingere di accorgercene solo oggi.

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